Favola d'inverno
Canto di Natale
Una ciaramella,
sotto braccio ad un pastore abruzzese,
passeggiava tranquilla per le calli
di Venezia esclamando,
che magica atmosfera offre la città,
la gente in questo periodo
natalizio
e così,
felice,
iniziò ad intonare le melodie che aveva imparato a suonare ad
orecchio nel paese natio.
Benché non sapesse leggere la musica,
la povera ciaramella riusciva tanto ad emozionare i numerosi turisti
che tra i ponti e le viuzze inchinandosi
si facevano da parte per farla passare.
In quel rigido dicembre,
ella si sentiva importante come la prima viola dell'orchestra.
In
compagnia della zampogna, amica di sempre,
la ciaramella aveva deciso di far
musica lungo tutto il centro storico.
Suonare a Venezia è cosa rara,
ritornellava la zampogna,
ma sentirsi musicista Venezia,
contrapuntava la ciaramella,
è un'occasione unica.
Dai, suoniamo tu scendi dalle stelle!
Nei pressi di un'antica chiesa,
i due strumenti decisero di riposare un po'.
Poi avrebbero ripreso con un altro
brano il cammino verso piazza San Marco,
dove avrebbero finalmente ammirato la sacra famiglia.
Ma ecco che giunta nella maestosa piazza,
mentre suonava le battute di Adeste Fideles,
la ciaramella sentì una dolcissima melodia,
che proveniva dalla chiesa madre,
sovrapporsi alla sua.
Ascolta,
che sia una mia collega a suonare una musica così suave.
Dai,
entriamo,
disse la zampogna,
tirandola così forte per una canna da farla quasi
cadere nell'acqua benedetta della fonte battesimale.
Ehi,
sono troppo vecchia per battizzarmi di nuovo,
ironizzò la zampogna.
Ma la ciaramella,
trillando con allegria,
le rispose,
non t'avrebbe certo fatto male
una santa rinfrescatina.
Forza, avviciniamoci!
La ciaramella aveva ragione.
Sull'altare vide Loboe,
che ornato di gioielli, bello e nobile
nelle sue forme vagamente orientali,
con somma compostezza,
eseguiva la sarabanda di Endel.
La struggente melodia riempiva di grazia la navata centrale,
facendo conoscere alla piccola ciaramella
un mondo musicale del tutto nuovo.
Per un momento,
essa si abbandonò all'ascolto di quelle
raffinate melodie di infinita bellezza.
Solo al termine dell'esecuzione,
la ciaramella si ridestò da quell'incantevole vagare.
Fu proprio in quell'istante
che si accorse che il principe nero dell'orchestra barocca,
regale come un doge,
le stava andando incontro con un passo lento e grave.
Giunto innanzi a lei,
egli si inchinò con regale eleganza.
La ciaramella con un trillo rispose alcune noti di saluto,
ma per la forte emozione si impasticiò tra un mi e un fa,
arrossendo come una bimba.
L'oboe,
raffinato conoscitore di musica colta,
ne compresi l'imbarazzo,
e con dolcezza gli suonò.
Immagino, mia cara,
quanto timore la mia presenza e codesta catedrale le incutono,
ma mi creda,
sono io a confidarle quanto mi onora la sua presenza e
l'ammirazione che sento per tanta geniale semplicità.
Queste notte la ciaramella provò così tanto
imbarazzo che pregò Dio di farla scomparire.
Ma l'oboe con umiltà e riverenza continuò.
Non è forse la sua inconfondibile voce a
deliziare con antiche strenne il bambinello Gesù?
Non è forse la sua musica o dolce ciaramella a riscaldare con
aliti di sacre melodie l'incantevole capanna nella note santa?
Così dicendo, l'incredibile strumento si congedò
e con tono rassegnato pigramente ripresa
a suonare un andante ma non troppo
nella navatta centrale della chiesa madre di Venezia.
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