Aveva lunghi capelli neri,
perfettamente betinati,
una piccola borsetta, dei braccialetti colorati.
La vedevo tutti i giorni mentre usciva dal portone,
uno stabile a Milano,
quello verde,
dal terzo piano,
mentre camminava a passi svelti come tutti i pomeriggi,
in quell'aria d'animale braccato,
da cucciolo impaurito.
Mi è sembrata più sola del solito in una
giornata così bella e mi sono avvicinato
deciso e le ho chiesto,
ma lei signorina sa,
io la conosco di già,
anche se non ci crede,
mi sono informato,
io so proprio tutto,
i suoi gusti preferiti,
le scuole che ha fatto,
la musica che ascolta,
i giornali che ha letto,
come si siede sulla panchina mentre aspetta il
tramonto,
tutti i film che vede,
anche se lei no,
non ci crede.
E poi ho pensato pure che magari
potremmo fare un giro, io e lei, lontano da qui,
in un posto più sicuro.
L'ho fermata per un braccio,
lei mi ha detto cosa fa,
cosa vuole,
non la conosco,
ma che modi,
per favore,
lascia andare
il mio cappotto, non mi tocchi, se ne vada,
ed io stretto più forte,
come si fa con una preda.
Avevo
la mente confusa e la nebbia negli occhi,
mentre i suoi erano pieni di terrore,
si stacchi da me,
lì fuori era già buio,
che strano,
mi sembrava presto e mi cresceva la rabbia per il suo rifiuto,
non ci ho visto.
E poi non ricordo nulla,
giuro,
per davvero,
voi continuate a chiedermi tutti
questi particolari,
io sto male,
sono stanco,
ho bisogno di dormire,
di riposo,
non gridate
nelle orecchie,
non vi voglio più sentire,
vi ho già detto tutto,
che ne so se è ritornata,
dove è andata, cosa ha fatto,
voglio solo andare a letto,
chiedo solo un po' di pace,
ho una famiglia che mi aspetta, felice,
le mie mani intorno al suo collo,
la memoria è fragile,
bacillo.
Vi ripeto che ogni sera torno
dai miei e le ore sono vuote,
la mia vita sembra passare,
lenta a svanire,
ma è tutto un sogno,
ora mi sveglio,
fatemi uscire da vi.