Favola di primavera.
Innamorati di un piano.
C'era una volta una bimba innamorata del suo papà.
Certo, lo sono tutte,
ma lei lo era molto, molto di più.
A volte,
mentre lo aspettava,
si metteva a fare cose che normalmente non faceva.
Riordinava la sua cameretta,
aiutava la mamma in cucina,
portava a spasso il cane.
Cose che odiava fare,
ma che per ingannare l'attesa poi faceva.
Il babbo, un tipo paccioso e affettuoso,
si cambiava in tutto e per tutto il suo sentimento.
Solo che...
Solo che amava tantissimo anche lo swing,
e per non dirudere la sua bimba,
cercava affannosamente di non trascurarla,
dividendosi tra lei e la sua adorata musica.
Ma accontentare la piccola,
così tanto innamorata del suo papà,
non era cosa facile.
Un giorno la bimba,
per l'ennesima volta in attesa dell'arrivo del papà,
adagiò il suo tondo visino su un dipinto a tempera,
e lì sopra si addormentò,
senza prima essere riuscita a scacciare un antipatico pensierino
che la gelosia le cucì ad arte nella mente.
Uffa questo papà!
Era meglio se nasceva pianoforte.
Fu così che...
Il babbo scomparve.
Come per magia,
da quel momento non tornò più dalla sua bimba.
Ella cominciò così a cercarlo ovunque.
Tre viali intorno alla sua casa,
tre cespugli più fiti del giardino,
tre fiori gialli nei vasi di creta rossa.
Tre gattini di porcellana tra le
tessere telefoniche della collezione,
tra le barbie e gli altri
personaggi che animavano i giochi della sua fantasia.
La
bimba però non si era mai avvicinata al pianoforte.
Le stava antipatico.
Le faceva
rabbia perché era per lui che suo papà partiva premette lontane.
Era convinta
persino che lo facessi apposta a portarlo lontano da lei.
Ignorava però che suo papà avrebbe
desiderato tanto portarla tra le sue melodie.
La bella musica che egli componeva a lei era dedicata.
Con essa pensava di condurla tra
paesi incantati e fate di carta pesta.
Accadde però all'improvviso
e seppur con ritrosia la bimba si accostò al pianoforte,
lo aprì e sorprendendo se stessa
si ritrovò ad accarezzarne teneramente i tasti bianchi e neri.
A quelle carezze,
proprio come accade nelle favole,
il pianoforte si tramutò in uno splendido destriero
maculato sulla cui groppa la bimba saltò senza esitazione.
Cominciarono così a cavalcare insieme ogni
infinito misterioso sentiero del mondo.
Solcarono l'Algaloppo,
i mari d'Oriente e i ghiacciai del Nord,
sorvolarono le colline toscane e le rovine di Roma,
giunsero persino in Andalusia passando sopra ad una corrida
ed infine si diressero verso l'Africa tra le dune di sabbia.
Nonostante non avesse più rivisto il suo papà,
la bimba si sentiva stranamente felice,
quasi che in qualche strano modo lo avesse ritrovato.
Ma la cosa più straordinaria era che mentre suonava
quella bella musica su quell'ex antipatico pianoforte,
le affioravano nella mente gli sguardi ed i sorrisi del papà
e nel cuore le sue tenerezze e le tanto amate parole.
In quel momento capiva per la prima volta che
la musica era il modo più dolce per incontrarsi.
Gigia,
Gigia svegliati!
Papà, ti volevo dire...
E dai Gigia, devi andare a lezione di piano!
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